Frantoi Ipogei

Frantoi Ipogei

Gallipoli, dall’inizio del XVI secolo, risultava la maggiore piazza europea per la produzione di olio lampante che serviva a illuminare i grandi centri d’Europa. Città come Parigi, Londra, Berlino, Vienna, Stoccolma, Oslo, Amsterdam lo hanno usato per illuminare le strade fino alla fine del XIX secolo, quando arrivò l’elettricità mandando in crisi questa economia.

Gallipoli al centro del mondo. Alla borsa di Londra il prezzo veniva fatto sulla base delle quotazioni salentine e si narra che la regina inglese del tempo volesse specificamente quello di Gallipoli perché, oltre a essere efficiente, era chiaro e bello da vedersi.

Il processo di produzione

Le olive usate per produrre l’olio lampante venivano scaricate direttamente all’interno del frantoio da un foro posto nella volta. La scelta di creare i frantoi sottoterra permetteva di mantenere il prodotto a una temperatura costante di circa 17°. Le olive, tenute nelle sciaghe, non rischiavano di ammuffire, cosa che invece capitava nei frantoi di superficie a causa degli sbalzi di temperatura (problema che avevano alcune realtà dei paesi vicini). Per produrre un buon olio lampante bisognava avere olive integre, di buona qualità e non marce.

Più tempo rimanevano nelle sciaghe, più saliva la loro acidità e più grasso risultava il loro olio. Le sciaghe funzionavano come frigoriferi dove rimanevano per circa 20-30 giorni. Dopodiché venivano prese e frantumate per tirarne fuori quella che veniva definita la “mamma”, una sostanza che veniva messa nei torchi alla calabrese: la pasta di olive veniva inserita all’interno di più dischi che fungevano da filtri (chiamati discoli).

Man mano che si spremeva, il liquido che usciva finiva nel “pozzo dell’angelo”. Non era un olio al 100 per cento, ma un misto di olio e acqua di decantazione. La diversa densità dei due elementi ne favoriva la separazione. L’olio che rimaneva in superficie veniva raccolto con un piatto di rame.

Dopo la prima spremitura la pasta di olive passava alla seconda e poi alla terza. L’acqua che rimaneva, confluiva poi nel “pozzo della sentina”. Non era acqua pura, ma acqua grassa, mista a elementi di lavorazione dell’olio. Questa veniva mandata a Marsiglia per la produzione dell’omonimo e famoso sapone locale.

Dalle cisterne l’olio veniva poi portato nelle Pile Regie di caricamento che si trovavano vicino al mercato del pesce. Pile graduate che venivano riempite dell’olio in attesa di essere caricate sulle navi e venduto in tutto il mondo.

I frantoi ipogei non sono semplicemente delle grotte scavate sotto terra, ma delle vere e proprie opere d’ingegneria. Talvolta le grotte venivano ricavate dalla trasformazione di granai d’età messapica e di cripte di epoca bizantina presenti nel sottosuolo dei centri storici. Ma spesso venivano scavate sotto edifici già esistenti senza andarne a provocare dei danni. Le gigantesche ruote venivano calate a mano. Quando queste iniziavano a mostrare delle crepe venivano distrutte e un’altra nuova veniva fatta arrivare. Talvolta, quando presente, veniva smontata una volta, fatta scendere la ruota, per poi ricostruire la volta stessa.

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